Il dono dell'amore

SdS, 26 aprile 2022

Donare sé stessi ad una persona risponde alla complessità del dove e quando. Due dimensioni dell'essere umano, a cui dovremmo aggiungerne una terza, quella modale o formale, con le proprie sfaccettature graduate d'intensità.

Immaginiamo un genitore che ogni giorno si svegli presto per andare a lavorare e rientri tardi, per donarsi ad un figlio nel "quando" gli rimanga della giornata, poiché per il "dove" c'è la possibilità di donarsi in presenza, al rientro dal lavoro, ma anche in assenza, al lavoro, esso stesso espressione del suo donarsi, magari rivolgendogli di tanto in tanto il proprio pensiero.
Immaginiamo ancora le molteplici forme del donarsi di un genitore al proprio figlio, quando sono insieme fisicamente, inventandosi giochi, ricercando letture, conversando su fatti, cose persone, prestandogli ascolto sul racconto della sua giornata.

In ciascuna forma di questo suo donarsi, il genitore può risultare più o meno energico o intenso, dipendentemente da ciò che la propria giornata di lavoro gli ha lasciato in termini di intensità d'energia e di capacità empatica del suo potersi dare, che può variare giorno per giorno.
Fin qui, si parla del donare sé stessi ad altri, ma non della predisposizione d'altri a "ricevere in dono": permettere al nostro prossimo di donarsi a noi, dove quando e come a lui riesca, è l'altra faccia dell'amore.

La reciprocità del donarsi e del saper accogliere il donarsi dell'altro.

L'amore è continuità di tutta questa complessità, sorta di partitura narrativa dove risuonano, per via di allusioni, riecheggi, ibridazioni, ogni sorta di versi e rimandati stilemi, composizione a due di sostanza variegata ed intrecciata di due autori, di cui uno sa ciò che l'altro non sa, socchiudendo insieme gli occhi, fissando entrambi lo sguardo verso gli stessi azzurri cieli di libertà, comprendendosi in sé, inscatolati e rispecchiati l’uno nell’altro, sino al felice sboccare della vicendevole narrazione di sé per l'altro, come quel libro nel libro, dove le parole dono e amore, tentano continuamente di riflettersi l'una nell'altra.
Domenico Renna per Società dei Sogni


L'assenza che rivela

25 aprile 2021 - Domenico Renna


Vi sono diversi modi di aderire al cristianesimo, anche inconsapevolmente. Sembrerebbe vano tentarne una sintesi finale di convergenza verso un'unica prospettiva, ma è probabile che ciò avvenga molto più facilmente di quel che si immagini. 
Proviamoci, almeno secondo due indiscusse modalità direttrici portanti della fenomenologia di adesione.
Si può credere infatti al mistero della fede in Cristo, attraverso un percorso più o meno travagliato di misticismo, non meno disperato di quello patito da Gesù di Nazareth sulla croce, laddove crede egli stesso di essere stato abbandonato da Dio. Chi crede senza travaglio interiore, travaglio da intendersi proprio in senso etimologico come elaborazione e ricerca interiore, facilmente ricade in fede cieca o fanatismo.
Si può credere, dualmente, all'ispirazione di quanti storicamente, movendo dalle sacre scritture hanno dato voce ed espressione- con elaborazione e ricerca- di grande plasticità rappresentativa, al cristianesimo, da riguardare in tal senso come il più imponente movimento artistico-letterario della storia dell'umanità.
Elaborazione e ricerca, sembrerebbero pertanto essere il comune denominatore delle duali suddette esperienze umane, di ogni tempo, del significato di cristianesimo, della sua percezione.
Ma elaborazione e ricerca interiore sono anche gli unici strumenti di cui gli individui dispongono per sondare e vivere le proprie emozioni, con padronanza di sé, per sottrarle ad impalpabilità ed astrazione intellettuale: quella stessa astrazione che al Dio dei credenti mistici viene attribuita dai non credenti come pura metafisica.
È pertanto verosimile che un credente fideistico del cristianesimo rinunci alla comprensione logica dell'apparizione in terra di Cristo, così come un credente nello spirito della cultura artistica e letteraria cristiana, rinuncia ad approdarvi per razionalità. 

Avete mai fatto caso che l'amore porta in sé tutto questo? Se non ci aveste fatto caso, sarebbe ora l'occasione per  rifletterci.

L'amore, fra tutte le emozioni, è quella che più richiede elaborazione e ricerca, sul senso della vita interiore e della sua fine, che mai si vorrebbe, per trasformarsi in sentimento.
Non se ne vorrebbe soffrire di mancanza o assenza, di amore, quando ti coglie d'improvviso, come l'apparizione mistica di un Dio all'orizzonte della propria vita. E paradossalmente è la stessa assenza o mancanza del corpo di Gesù, al sabato santo, nella sua tomba, che rivelerà lui stesso nell'immateriale mondo ultraterreno.
Nello stesso tempo, se non si prova mancanza e assenza d'amore, non sussiste la comprova a noi stessi dell'amore, che resterebbe volatile evanescenza, inafferrabile.
Il credente mistico fa dell'amore il suo dogma, l'amore per il prossimo mi sembra di ricordare.
Il credente non già nella fede cristiana ma nel valore spirituale delle sue espressioni culturali, elabora e ricerca quello stesso amore, che ha ispirato produzione artistica secolare. 
Entrambi s'inseguono nel tempo della storia.
Ma, attenzione: né il primo nè il secondo possono fare a meno di una realizzazione materiale artistica- dipinti, sculture, chiese, luoghi di culto.
L'uno cerca l'altro, ama l'altro come se stesso, ritrovandosi spesso in una chiesetta di campagna.
Chi ha bisogno di chi?
Chi cerca chi?
Comunque la si voglia considerare, l'icona del cristianesimo resta lì, immobile e imponente da secoli, a rappresentare la più maestosa metafora dell'esperienza terrena dell'uomo: cercarsi per amare.