Dicembre e presagi

SdS, 5 dicembre 2021

Molti aspettano l'ultimo mese dell'anno che finisce, e ciò sarà vero probabilmente perché è forte la percezione che qualcosa stia terminando, e non solo perché finisca un altro anno della nostra vita , uno come tanti. C'è di più nell'aria, e che ci sia "ce lo sentiamo": voce di un verbo arcaico, primordiale, ancestrale, voce interiore dell'anima, della semantica umana.
 
E così, ce lo sentiamo che arriverà la neve, a dicembre, e tanto lo abbiamo sentito che è arrivata, in anticipo sulle previsioni degli esperti delle simulazioni matematiche meteorologiche, perchè per tali esperti non varrebbe il pre-sentimento dei contadini di altri tempi, capaci di presagire "il tempo che farà".

Ma a favore di questi uomini, simbolo di madreterna terra, una infinita schiera di studiosi della cosiddetta antropologia, ha rivelato, attraverso studi accertati di usi, costumi e tradizioni della storia sin dai suoi primordi, che il presagire degli esseri umani ha in sé la sensazione di sentirsi in contatto spirituale con entità "soprannaturali" ed immaginarie divinità, inafferrabili presenze, percepite prima ancora che si rivelino realmente, nel presentimento che prima o poi si rivelino, quasi in attesa di una novità nella loro esistenza, e che ancora, forse, attendiamo.


In poche parole, dove c'è presagio, presentimento, c'è attesa di novità.


Dicembre, non è solo un mese dell'anno, o almeno non lo è come tutti gli altri, perché mese di attese di novità e presagi. E ogni civiltà, antica o contemporanea, ha il proprio dicembre: in questo frangente, ricorre il nostro. Per gli antichi greci o romani, come per i nostri contemporanei di altri paesi e culture, ricorre in altri periodi dell'anno. 


Similmente, sarà possibile che taluni e talaltri abbiano il proprio dicembre a misura della propria metrica esistenziale.

Restiamo ora ai dati di fatto.

La neve, è arrivata. Molti se lo sentivano che sarebbe arrivata prima, e non per effetto delle transizioni climatiche in corso, perché ciò sostenendo fra amici, poi si leverebbe la voce contraria di quanti convinti che se in questo periodo la neve arrivasse prima del previsto, sarebbe l'imprevista novità che da gioia! 

E vada anche per la tredicesima mensilità retributiva e previdenziale, per chi lavora o ha finito di lavorare, e per quella mancata per chi non lavora, ma che spera, proprio a dicembre, che nel nuovo anno l'avrà, speranza che a dicembre si colora di desiderio sfumato nel presagio vestito di certezza.

Dicembre ispira il desiderio di dedicarsi allo shopping intimista, ispira i pre-sentimenti che s'affollano nell'animo di fronte alle vetrine, sussurrando "sento che questo acquisto sarà un dono gradito".

Presentimenti o presagi di novità, quante volte le proviamo, quante con apprensione o con entusiasmo.

Il clima dicembrino è da molti percepito come di empatia festosa, per chi ha fede religiosa e per chi non l'ha, fermo restando che quel "clima" è introspettivo più che meteorologico: se proprio arriva la neve, comincia a scendere e a depositarsi leggera innanzitutto dentro di noi, prima ancora che su strade, prati o case. Forse la sentiamo anche se non arriva. La neve è in noi, a dicembre.


Mese di canti e cori, sacri e profani, Spiritual e Gospel, di luci luminarie e di suoni zampognari, ben coperti dal freddo, talvolta mendicanti, in attesa di novità, che diano una svolta allo scenario di fondo del loro passaggio sulla terra.

Siamo nel mese in cui ci viene voglia di lanciare monetine, con l'intenzione di anticipare il nuovo per sé e per l'altro, a chi vive, mangia, dorme, con stracci e coperte rimediati per grazia ricevuta, proprio là dove intralciano il passaggio dei pedoni, a dicembre più tolleranti, comprensivi, quasi pervasi da spirito missionario e filantropico, pur restando sognatori di compere alla penombra delle luminarie, con la neve che continua a depositarsi nella loro anima.

La generosità così insorge verso gli ultimi, a dicembre, e non è quella degli altri mesi dell'anno, privati dei magici afflati spirituali dell'anno che sta morendo: forse, senza essere ascoltato attentamente, per ciò che vorrebbe sussurrare a ognuno.


Perché come gli umani che stanno per lasciarci, anche l'anno che sta terminando il suo percorso di vita accanto a ognuno di noi, non può che sussurrare, con ultima flebile voce, il più vero presagio di novità per ognuno: 

"Non è me che staresti perdendo, ma un anno della tua vita se ne avessi rimpianti, perchè rimpiangerlo significherebbe non averlo vissuto fino in fondo".

Domenico Renna per Società dei Sogni


L'assenza che rivela

25 aprile 2021 - Domenico Renna


Vi sono diversi modi di aderire al cristianesimo, anche inconsapevolmente. Sembrerebbe vano tentarne una sintesi finale di convergenza verso un'unica prospettiva, ma è probabile che ciò avvenga molto più facilmente di quel che si immagini. 
Proviamoci, almeno secondo due indiscusse modalità direttrici portanti della fenomenologia di adesione.
Si può credere infatti al mistero della fede in Cristo, attraverso un percorso più o meno travagliato di misticismo, non meno disperato di quello patito da Gesù di Nazareth sulla croce, laddove crede egli stesso di essere stato abbandonato da Dio. Chi crede senza travaglio interiore, travaglio da intendersi proprio in senso etimologico come elaborazione e ricerca interiore, facilmente ricade in fede cieca o fanatismo.
Si può credere, dualmente, all'ispirazione di quanti storicamente, movendo dalle sacre scritture hanno dato voce ed espressione- con elaborazione e ricerca- di grande plasticità rappresentativa, al cristianesimo, da riguardare in tal senso come il più imponente movimento artistico-letterario della storia dell'umanità.
Elaborazione e ricerca, sembrerebbero pertanto essere il comune denominatore delle duali suddette esperienze umane, di ogni tempo, del significato di cristianesimo, della sua percezione.
Ma elaborazione e ricerca interiore sono anche gli unici strumenti di cui gli individui dispongono per sondare e vivere le proprie emozioni, con padronanza di sé, per sottrarle ad impalpabilità ed astrazione intellettuale: quella stessa astrazione che al Dio dei credenti mistici viene attribuita dai non credenti come pura metafisica.
È pertanto verosimile che un credente fideistico del cristianesimo rinunci alla comprensione logica dell'apparizione in terra di Cristo, così come un credente nello spirito della cultura artistica e letteraria cristiana, rinuncia ad approdarvi per razionalità. 

Avete mai fatto caso che l'amore porta in sé tutto questo? Se non ci aveste fatto caso, sarebbe ora l'occasione per  rifletterci.

L'amore, fra tutte le emozioni, è quella che più richiede elaborazione e ricerca, sul senso della vita interiore e della sua fine, che mai si vorrebbe, per trasformarsi in sentimento.
Non se ne vorrebbe soffrire di mancanza o assenza, di amore, quando ti coglie d'improvviso, come l'apparizione mistica di un Dio all'orizzonte della propria vita. E paradossalmente è la stessa assenza o mancanza del corpo di Gesù, al sabato santo, nella sua tomba, che rivelerà lui stesso nell'immateriale mondo ultraterreno.
Nello stesso tempo, se non si prova mancanza e assenza d'amore, non sussiste la comprova a noi stessi dell'amore, che resterebbe volatile evanescenza, inafferrabile.
Il credente mistico fa dell'amore il suo dogma, l'amore per il prossimo mi sembra di ricordare.
Il credente non già nella fede cristiana ma nel valore spirituale delle sue espressioni culturali, elabora e ricerca quello stesso amore, che ha ispirato produzione artistica secolare. 
Entrambi s'inseguono nel tempo della storia.
Ma, attenzione: né il primo nè il secondo possono fare a meno di una realizzazione materiale artistica- dipinti, sculture, chiese, luoghi di culto.
L'uno cerca l'altro, ama l'altro come se stesso, ritrovandosi spesso in una chiesetta di campagna.
Chi ha bisogno di chi?
Chi cerca chi?
Comunque la si voglia considerare, l'icona del cristianesimo resta lì, immobile e imponente da secoli, a rappresentare la più maestosa metafora dell'esperienza terrena dell'uomo: cercarsi per amare.