Istinto, emozione, sentimento 

SdS, 26 maggio 2021

Giorni fa parlavo con il Prof Umberto Galimberti, psicologo e filosofo, nel senso che vedevo un suo video su YouTube e mi sembrava di parlargli: credo che fossero le mie solite istintive riflessioni ad alta voce interiore, indotte da forte emozione da videofruizione, con ponte di passaggio rapido al sentimento di amore per la cultura. Ma la cultura, si sa, gioca brutti scherzi, e crearla poi, può comportare vero stato di sospensione dalla vita terrena: Dante Alighieri ne rappresenta eccellente testimonianza, oggi lo si direbbe senza alcun dubbio influencer. 

In questo preaccesso, al contenuto dell'articolo che oggi vi propongo, preaccesso del tutto analogo al pretriage dei migliori servizi di pronto soccorso ospedalieri dell'anima, sono già contenute alcune parole chiave dell'abstract di questo saggio racconto: istinto, emozione, sentimento, richiamate giustappunto nel titolo.

Ora proviamo però a lavorarci su, "senza starci tanto a ragionare e viceversa", a dirla con il cantautore Francesco Gabbani.

L'istinto in sé è un impulso, che non determina l'essere persona, semmai è vero che può ridurre la persona a pericoloso animale sociale.

Se maneggio una bottiglia d'acqua di vetro, per istinto, me ne posso fare mille idee di modi d'uso: contenitore d'acqua da bere, ma anche, al bisogno, oggetto di lancio per difesa od offesa. Tutto dipenderà dalla situazione contingente in cui mi troverò a vivere l'istinto d'uso. 

Bene. 

Fin qui, l''istinto evidenzia che siamo ancora ben lontani dall'essere persone. 

Proprio come accade all'essere animale. 

Chi non ha mai osservato i gatti, alcuni fra i protagonisti indiscussi dei social live, nel momento in cui, istintivamente e nella contingenza delle circostanze, urtati fisicamente da altri gatti, reagiscono in forma di difesa o di attacco o di gioco o con sorniona immobilità?

In ciascuna forma di reazione al proprio istinto, si determinerà la conseguente percezione di un'emozione indotta dalla propria reazione, e, soprattutto, il suo riconoscimento come dato di fatto oggettivo, non empatico, non risonante nell'interiorità consapevole del proprio vissuto soggettivo.

Riassumiamo quanto detto finora: appare all'orizzonte di un uomo una donna, istintivamente reagisco, ma non so come: la contemplo o interagisco o nulla.
A decidere sarà l'emozione che mi sarà data percepire. Potrebbe anche essere un'emozione "negativa". Non poche donne avvenenti suscitano emozioni di tormento o inadeguatezza negli uomini e, ora diciamolo apertamente, nelle stesse donne. 
Assicuro che è tutto normale, almeno per me, ma sono pronto a rimandarvi, sul punto, a letteratura scientifica di rango.

C'è da dire, però, che già nell'istintualità, e poi nella sua canalizzazione verso emozioni che non vanifichino la quotidiana conferma della propria identità psico-sociale, comincia ad affiorare la necessità di un'assistenza educativa o rieducativa di 'prossimità' alla persona, cioè a stretto giro di socialità. In fondo, questa necessità, che non ha mai costituito un problema in passato, è balzata agli occhi di tutti, recentemente, come un'emergenza sociale, perché ci è sfuggito il senso e il controllo di vari aspetti dell' umano.

Assicurato il passaggio da istinto ad emozione, resta da curare l'ulteriore passaggio da emozione a sentimento.

Sui sentimenti occorre ora fare chiarezza.

Intanto, i sentimenti non si trovano nei banconi di un supermercato, né sono prodotti da campagne pubblicitarie, né sono scontati, neanche come riduzione del prezzo del biglietto di partecipazione ad eventi mondani. 

Talvolta, per lunghi tempi di attesa della loro manutenzione o ricostruzione, si giunge ad una cronica inguaribilità del "sentire", motivo per il quale urge, oggi come mai, affrettarsi ad una sorta di vaccinazione di massa preventiva di analgesiche autodisconnessioni da sé.

I sentimenti s'imparano, mi dice Galimberti, attraverso le mètastorie, ovvero la loro rappresentazione narrativa attribuita ad eroi divini ed umani, quelli dei miti, antichi e moderni, o attraverso la letteratura e i suoi personaggi narrati: mètauomini, oltre l'uomo, in entrambi i casi, capaci di vivere i sentimenti e spiegarli in ogni sfumatura, senza tagli censori. Anche quelli della sofferenza e della morte.

È terribilmente innaturale chiedere ad un adolescente o ad un adulto "Perché soffri della perdita del tuo caro ?", e non avere altra risposta se non "non lo so, so che soffro", ciò che rivela il non sapere descrivere la propria sofferenza. Se non la sai descrivere, se non hai le parole, ti mancano i concetti, non la conosci davvero, non ne hai vie di fuga.

Dev'essere chiaro che l'attitudine al saper descrivere i propri sentimenti, anche spiacevoli, al fine di poterli riconoscere, serve a non averne paura e disagio, quasi come ci fossero estranei. I morti vanno visti e vissuti, prima di occultarli con la sepoltura, vanno sentiti sotto i nostri occhi, percepiti come ogni cosa terrena. Il male esiste e bisogna conoscerlo, per non temerlo mai più.

La letteratura erotico-amorosa, insegna ad amare, anche con grado spinto di fisicità, come nel De Camerone del Boccaccio, perché la narrazione verosimile dell'Arte fa meno paura di ciò che non si riesce ad imparare da una società che ormai tende ad occultare la carne viva del bene e del male.

La paura è un ostacolo all'apprendimento.

Le mètastorie dei nonni 'che furono', persone più credibili di altre, in quanto più prossime alla morte di altre, ci hanno insegnato, per generazioni, i sentimenti. 
Da loro, forse, dovremmo ripartire, magari con un nuovo Recovery Plan, che curi la transizione delle transazioni, senza voler sminuire quelle ecologiche e digitali: il passaggio verso il nuovo tenendosi stretto per mano il vecchio.

Domenico Renna