IL BLOG DEI SOGNI
Filosofia e Medicina
25 gennaio 2021 - di Domenico Renna
La filosofia è l'arte dei "perché", del mettere in discussione ogni aspetto della realtà oggettiva, che finisce sempre col non dare nulla per scontato. L'esperienza sensoriale dell'uomo ci insegna infatti che c'è assuefazione nella percezione di colore, calore, linee, masse, e persino sentimenti, che pertanto va rinnovata perché possa ridarci il senso e lo stupore di ciò che osserviamo e valutiamo, come se fosse sempre la prima volta. È la teoria della visione e riconoscimento, ben noto ai filosofi: la visione della realtà percepita la prima volta, diventa subito riconoscimento convenzionale e abitudinario, delle cose, delle situazioni, degli stati emotivi, rendendoci incapaci, quindi, di riprendere e rivivere sensi e significati delle nostre primarie esperienzie e conoscenze. In pratica, l'ammirazione di un nuovo meravigioso paesaggio appena scoperto, non ridarà più l'immediato stupore di prima visione, quando torneremo a guardarlo. A salvarci da questo meccanismo naturale, (automatismo percettivo, il dato per scontato), interviene proprio il poter rimettere in discussione tipico del pensare filosofico, attraverso quel processo, noto persino ai narratori, come "straniamento": osservare da altri angoli visuali lo stesso paesaggio, per riscoprirlo sotto nuove forme e rinnovate percezioni. L'utilità dell'approccio filosofico, che altro non è che il non assuefarsi all'oggettività, nella sua applicazione alla Medicina è pertanto chiara: la persona ammalata va riscoperta continuamente, se non si vuole che diventi un'abitudine ai nostri occhi, dandola come scontata condizione della persona, privata della sua stessa personalità e specificità: mettendola in discussione con l'infinita serie di domande e dei perché del metodo filosofico, "straniandosi", con rinnovato ascolto ed accoglimento del malato, per sottrarlo alla naturale tendenza umana ad archiviarlo come anonimo individuo in stato di terapia. È evidente che tale approccio filosofico consentirà alla persona malata, ed anche a chi gli è vicino nelle cure o nel prendersene cura, di superare le barriere oggettive del suo stato, ridando nuovo senso al divenire della propria esistenza, specie nel caso dell'inguaribilità. Proprio attraverso lo straniamento, cioè il distacco dall'autopercezione immutabile e cronicizzata della propria malattia: dandogli la possibilità di raccontarsi, di ripresentarsi, di farsi ascoltare e percepire, come se fosse la prima volta per se e per chi gli è vicino.