Intervista a Stefania Morgante

SdS, 5 novembre 2021

Stefania Morgante è nata a Brindisi, tre giorni dalla chiusura dell'anno, ancora con un piede nel vecchio e con l' altro nel nuovo, da un padre friuliano e una madre pugliese. Ha studiato a Lecce al Liceo Artistico. In seguito, al DAMS di Bologna, sezione arti visive: si è occupata di ufficio stampa per il teatro, di insegnamento di disegno e di storia dell'arte, anche in qualità di curatrice di cataloghi. Saggiamente ha dimenticato ogni consiglio scolastico.
È creatrice di gioielli, fotografa, illustratrice, pittrice, scultrice e molto altro ancora. Legge molto. E talvolta usa i libri per farne sculture. 


(Note biografiche tratte da "La Signorina Illustratrice", Stefania Morgante, Libri edizioni)

Stefania Morgante, professionista dell'arte figurativa a tutto tondo, fra l'antica manualità e l'apertura all'era delle tecnologie digitali.
La invitiamo ad un dialogo sull'Arte...

SM
Uso la penna e l’iPad come la matita e il foglio. Penso però che il mio uso sia analogico, provenendo dal passato rispetto ai giovanissimi. La tecnologia aiuta a esplorare nuovi mondi. Ma credo che sia una piccola parte del tutto. Bisogna sporcarsi le mani, puzzare di trielina o avere la faccia sporca di argilla. L’arte ha sempre comunicato attraverso la gestualità. E i materiali. L’immateriale comunica nello stesso modo? Io non credo. La realtà è l’unica cosa che ci rimane per crescere. Pongo una domanda. Se ci fosse un crash internet planetario, l’arte virtuale dove andrebbe? Se non avessimo più la possibilità di comunicare con internet? Allora io come artista so che basterebbe anche una corteccia e un ramo annerito dal fuoco per comunicare.
Quindi l’atto creativo fisico per me rimane la base. Di tutto. Poi il mezzo viene dopo.
E attenzione… l’arte è comunicazione, è analisi della società, è riflessione, permette alla gente di capire dove stiamo andando, cosa facciamo.
Adesso è emozione. Tutto si fa per emozionare...


(io intanto penso all'articolo "Emozioniamoci", ma lascio continuare Stefania Morgante...)

...sono contro le mostre virtuali dove vengono proiettati quadri sulle pareti. A cosa servono? Vedere l’impasto, capire le forme, chiedermi il perché del titolo, intuire i simbolismi. Questo mi fa pensare e crescere ed esco dalla mostra avendo nutrito anima e cervello.

Invece entro, colori e suoni mi fanno immergere emotivamente. Poi esco e cosa ho imparato?

DR
Vuoi dire che non si sa ancora bene come oggi si stia evolvendo il fare Arte?

SM

Nel collezionare mostre, nella sovraesposizione, nei soldi.
Soldi che hanno in pochi e non è detto che essendo famosi e danarosi si sia grandi artisti.
I grandi galleristi puntano a guadagnare, poco importa se gli artisti hanno qualcosa da dire.
Io non so dove stiamo andando.
Vedo tantissimi artisti, vedo però pochi nomi che realmente circolano.
Se entri in un circuito amicale, di marketing giusto, allora hai la strada aperta.
Se appari, se diventi un’icona pop in tv e sui social, allora hai la benedizione della comunità internazionale.
Il percorso è cambiato. Prima crescevi artisticamente ora è meglio crescere comunicativamente.
Prima le strade erano sbarrate in un modo, ora in un altro.
Non c’è un meglio o un peggio.
Aggiungo che oggi sperimentare è un lusso.
I media e la gente vogliono coerenza, linearità....

DR

Intendi parlare di attese positive?


SM
Si aspettano certe cose seriali, cambiare rotta depista, non ti rende famoso...i soldi stabiliscono le priorità...pensa ai servizi in televisione, si parla sempre di valore delle opere e a quanto sono battute nelle aste, un Van Gogh oggi sarebbe trattato malissimo,
incapace di vendere, di relazionarsi, di imporsi.
E la nota ilare di tutto questo è che per farti strada spesso lavori gratis.
Aggiungo anche una consapevolezza: la diluizione dell’arte. Ogni cosa è diventata arte. Gli hobby, la cucina, le unghie dipinte.
Mi domando: se ogni cosa è arte, niente è arte?

DR
A questo punto, te lo chiedo anch'io.

SM
Sono disponibile a pensare a una evoluzione delle arti, ma credo ci sia sopravvalutazione in ogni campo.
Siamo talmente pieni di “arte” che non la percepiamo più. E abbiamo talmente confuso il pensiero di Eco del mescolare arti basse e alte, che alla fine giochiamo al ribasso in ogni campo.

DR
Riprendiamo quel che dicevi in relazione ad Umberto Eco, arti alte e basse... Ti sei fatta un'idea del problema della divulgazione di Massa dei contenuti artistici a tutto campo cosa che oggi è consentita proprio dai mezzi tecnologici. Si parla oggi della possibilità di accesso ad un pubblico molto più ampio alla fruizione dell'arte. Pensi che la divulgazione di Massa e la fruizione dell'arte vada a scapito della qualità dell'interpretazione dei suoi contenuti?

SM
La divulgazione di massa è sempre la benvenuta, specie in un Paese a bassa scolarizzazione e fra gli ultimi posti fra i lettori. Eco ha interpretato la realtà in maniera egregia. Il punto di equilibrio doveva essere fra innalzare la cultura bassa e rendere più accessibile la cultura alta. In questo momento la cultura bassa è ferma e l’alta si è fluidificata troppo. Questo comporta che tutti si sentono artisti, anche gli hobbisti e si confonde ogni messaggio. La battuta entrata nel linguaggio comune qual è? “ questo lo sa fare anche mio cugino”. E cosa comporta di conseguenza? Uno svilimento del mestiere, un abbassamento delle retribuzioni e la percezione che ogni cosa è arte. Benvenga ogni possibilità di usare qualsiasi mezzo tecnologico per istruirsi.
Aggiungo. Le stesse mostre sono le specchio del mordi e fuggi. Cataloghi inesistenti, percorsi formativi inesistenti. Una mostra dovrebbe essere fruita a più livelli. Si dovrebbe uscire da una mostra non solo avendo appagato lo sguardo e lo spirito, ma anche avendo imparato qualcosa. Io ho in studio alcuni cataloghi costosi di mostre che ho visto anni fa, con schede, immagini incredibili e testi formativi ad alti livelli. Alzi la mano chi esce da una mostra con un catalogo importante. Sono sempre meno. Ecco la divulgazione che si perde, la cultura che si diluisce. Piacere a tutti significa non rivolgersi a nessuno o a una massa indistinta.
L’interpretazione dei contenuti avviene attraverso un percorso didattico studiato, un catalogo che rimanga oltre la mostra. Allora la divulgazione di massa è un’occasione d’oro per tutti.

DR
Kandinsky scrive lo spirituale nell'arte con riferimento ad un fare arte materiale che comunque comunica significati che vanno aldilà del fisico possiamo tranquillamente parlare di metafisica senza riferimenti ad ispirazioni Divine. D'altra parte ci sono le arti musicali che si esprimono con suoni e che possono rendere percezioni reali di quello che un artista vuole comunicare. Qual è la tua visione in merito?

SM
Riguardo Kandinsky, ma riguardo ciò che penso di fronte a un’opera d’arte ....
Un artista vuole comunicare un concetto. Quello che crea lo lascia alla percezione degli altri. Ognuno, in base ad età, cultura, formazione, vedrà qualcosa di diverso. Ci sono suggerimenti dell’artista riconoscibili da tutti (composizione, suggerimenti dal titolo ecc) ma altri che in ogni epoca leggeranno qualcosa di diverso. Quando un’opera è sotto gli occhi di tutti e ha lasciato lo studio, percorre la sua via. Non la puoi più controllare.
La realtà che sia personale o sociale, esiste sempre. Ma non è del tutto controllabile. E forse il bello è lì.

DR

Le donne e L'Arte, oggi, per chiudere in "bellezza"...

SM
In tutto questo c’è il capitolo a parte sulle donne, che sono sotto rappresentate nel mondo. Nessuno mi convince del contrario. La nostra presenza in musei e gallerie nel mondo è meno del 14% e il trend non cambia anzi. Idem nel campo della critica d’arte.
....................................the end........

In verità, non avremmo chiuso "in bellezza", ma Società dei Sogni, ha incontrato una donna impegnata nel creare arte, che può rappresentare verosimilmente la voce prestata a tante artiste come lei!

Domenico Renna per Società dei Sogni


L'assenza che rivela

25 aprile 2021 - Domenico Renna


Vi sono diversi modi di aderire al cristianesimo, anche inconsapevolmente. Sembrerebbe vano tentarne una sintesi finale di convergenza verso un'unica prospettiva, ma è probabile che ciò avvenga molto più facilmente di quel che si immagini. 
Proviamoci, almeno secondo due indiscusse modalità direttrici portanti della fenomenologia di adesione.
Si può credere infatti al mistero della fede in Cristo, attraverso un percorso più o meno travagliato di misticismo, non meno disperato di quello patito da Gesù di Nazareth sulla croce, laddove crede egli stesso di essere stato abbandonato da Dio. Chi crede senza travaglio interiore, travaglio da intendersi proprio in senso etimologico come elaborazione e ricerca interiore, facilmente ricade in fede cieca o fanatismo.
Si può credere, dualmente, all'ispirazione di quanti storicamente, movendo dalle sacre scritture hanno dato voce ed espressione- con elaborazione e ricerca- di grande plasticità rappresentativa, al cristianesimo, da riguardare in tal senso come il più imponente movimento artistico-letterario della storia dell'umanità.
Elaborazione e ricerca, sembrerebbero pertanto essere il comune denominatore delle duali suddette esperienze umane, di ogni tempo, del significato di cristianesimo, della sua percezione.
Ma elaborazione e ricerca interiore sono anche gli unici strumenti di cui gli individui dispongono per sondare e vivere le proprie emozioni, con padronanza di sé, per sottrarle ad impalpabilità ed astrazione intellettuale: quella stessa astrazione che al Dio dei credenti mistici viene attribuita dai non credenti come pura metafisica.
È pertanto verosimile che un credente fideistico del cristianesimo rinunci alla comprensione logica dell'apparizione in terra di Cristo, così come un credente nello spirito della cultura artistica e letteraria cristiana, rinuncia ad approdarvi per razionalità. 

Avete mai fatto caso che l'amore porta in sé tutto questo? Se non ci aveste fatto caso, sarebbe ora l'occasione per  rifletterci.

L'amore, fra tutte le emozioni, è quella che più richiede elaborazione e ricerca, sul senso della vita interiore e della sua fine, che mai si vorrebbe, per trasformarsi in sentimento.
Non se ne vorrebbe soffrire di mancanza o assenza, di amore, quando ti coglie d'improvviso, come l'apparizione mistica di un Dio all'orizzonte della propria vita. E paradossalmente è la stessa assenza o mancanza del corpo di Gesù, al sabato santo, nella sua tomba, che rivelerà lui stesso nell'immateriale mondo ultraterreno.
Nello stesso tempo, se non si prova mancanza e assenza d'amore, non sussiste la comprova a noi stessi dell'amore, che resterebbe volatile evanescenza, inafferrabile.
Il credente mistico fa dell'amore il suo dogma, l'amore per il prossimo mi sembra di ricordare.
Il credente non già nella fede cristiana ma nel valore spirituale delle sue espressioni culturali, elabora e ricerca quello stesso amore, che ha ispirato produzione artistica secolare. 
Entrambi s'inseguono nel tempo della storia.
Ma, attenzione: né il primo nè il secondo possono fare a meno di una realizzazione materiale artistica- dipinti, sculture, chiese, luoghi di culto.
L'uno cerca l'altro, ama l'altro come se stesso, ritrovandosi spesso in una chiesetta di campagna.
Chi ha bisogno di chi?
Chi cerca chi?
Comunque la si voglia considerare, l'icona del cristianesimo resta lì, immobile e imponente da secoli, a rappresentare la più maestosa metafora dell'esperienza terrena dell'uomo: cercarsi per amare.